In Tunisia il partito islamico Ennahda era stato dichiarato fuorilegge nel 1989, quando gli islamisti avevano ottenuto il 15% dei voti alle elezioni legislative e i suoi affiliati erano stati cacciati dal paese (come il capo del movimento Rachid Ghannouchi) oppure imprigionati.
Oggi, dopo la rivolta che ha portato all’esilio in Arabia Saudita il presidente Ben Ali, in Tunisia potrebbe esistere una possibilità politica di stampo islamico e proprio Ennahda potrebbe esserne la portavoce.

Dopo anni di un potere corrotto, in Tunisia la sensibilità islamica trova terreno favorevole e la popolazione potrebbe facilmente appoggiare un discorso religioso. Da anni la società tunisina cercava rifugio in una maggiore coscienza religiosa e vedeva l’Islam come l’unica protezione contro i soprusi del potere dittatoriale che veniva esercitato dal governo di Ben Ali.
Non è ancora chiaro se la liberalizzazione della voce politica del partito Ennahda debba essere vista come una minaccia. La Tunisia non vorrà certamente cadere nel terrore del fondamentalismo islamico che aveva insanguinato, con il coinvolgimento dei militari, la vicina Algeria dal 1992 al 2003. I leader religiosi tunisini non vogliono assomigliare ai loro confratelli al di là dalla frontiera e preferiscono darsi un target di « musulmani democratici » sull’esempio dei « cristiani democratici » europei. Il che sarebbe già un buon punto di partenza.

Lo stesso leader di Ennahda, Rached Ghannouchi (che vive in esilio a Londra e attende un’amnistia per poter rientrare in Tunisia) è considerato un « comunista » dallo stesso partito islamico libanese Hezbollah, a causa delle sue concessioni ad un potere laico.
Gli islamisti non si erano messi in luce nelle manifestazioni degli scorsi giorni, preferendo mantenere un profilo basso. Resta ora da vedere quale sarà il loro atteggiamento per le elezioni legislative previste entro la metà dell’anno (il partito ha fatto sapere di non avere interesse nelle elezioni presidenziali).
Nel frattempo il partito islamico assicura di voler consultare ogni altra forza politica del paese e di non voler agire con predominanza, facendo magari leva sulla coscienza religiosa di un popolo ancora arrabbiato con una dittatura durata 23 anni.

Lo stesso Ghannouchi, in un’intervista rilasciata il 14 gennaio a France 24, si era detto pronto a lavorare con i movimenti politici e con la società civile per costruire uno Stato di diritto. Fermo restando che il nuovo governo ad interim dia una possibilità a Ennahda modificando la Costituzione, che al momento ancora proibisce la creazione di partiti a carattere religioso.