Strano destino quello di essere innocente. Fossi stato condannato per tutte le accuse relative alla gestione dell’AET che mi sono piovute addosso in questi anni, probabilmente avrei avuto la condizionale, la mia condanna sarebbe vicina ad essere cancellata dal casellario giudiziario e soprattutto avrei diritto all’oblio. Essendo innocente ed avendo la magistratura certificato questa situazione, dopo una lunga indagine ed un confronto alla presenza dei legali dell’AET (allora retta da Brunett) e della KPMG, che avevano accettato le conclusioni del procuratore Balestra, il mio destino è quello di continuare ad essere al centro di polemiche più o meno strumentali.
Da tre anni il mio nome viene accostato a cose indicibili, che spaziano dall’incapacità gestionale, alla prevalenza degli interessi personali su quelli d’ufficio. Insomma nella migliore delle ipotesi un cretino incapace, nella peggiore un delinquente, troppo furbo per essere preso dalle maglie della giustizia. Molte volte: ambedue, a dipendenza delle convenienze di chi decide di esternare sull’AET. Inevitabilmente, questa prassi tenderà a inasprirsi con l’aprirsi della campagna elettorale. Dispero ormai di poter influire in questo gioco al (mio) massacro e di ottenere finalmente il giusto oblio. A quanti (stra)parlano dell’AET vorrei sommessamente ricordare, tra le molte cose, alcuni dati di fatto incontrovertibili:
a) Se gli investimenti all’estero fossero nella loro maggior parte insani, perché l’AET si guarda bene dallo smantellarli? Perché non si (s)vendono quanto l’AET sotto la famigerata gestione Rossi-Dell’Ambrogio ha sviluppato in Francia (termoelettrico con EdF), in Germania (gas con Trianel), in Italia (compreso il collegamento ad alta tensione con FNM, gestito ancora in regime di monopolio)? Forse, azzardo io, perché rendono e la loro esistenza contraddice crassamente le affermazioni generiche su investimenti a vanvera e perdite milionarie?
b) Se l’informazione al Consiglio di Stato ed al Gran Consiglio era poco trasparente, perché non si confrontano i rendiconti del periodo Rossi-Dell’Ambrogio con quelli precedenti per verificare le differenze? Perché nessuno si dà la briga di verificare a quante riunioni con Governo e commissioni del Gran Consiglio abbiamo partecipato e le confronta con quelle delle gestioni precedenti? Forse perché si scoprirebbe che anche qui la realtà contraddice crassamente le affermazioni generiche dei nostri detrattori (o forse anche perché salterebbe fuori la pochezza delle azioni intraprese da chi ci ha preceduto)?
c) Se l’organizzazione dell’AET era così desolata durante la gestione Rossi-Dell’Ambrogio, la direzione dell’AET non avrà difficoltà a pubblicare gli organigrammi di allora, i flussi decisionali inseriti nella procedura ISO, le scelte di politica organizzativa e del personale. E la signora Sadis ovviamente non avrà problemi ad acconsentire. Forse si scoprirebbe che la realtà è diversa dalle leggende raccontate in questi anni.
d) Se sull’olio di palma si fosse effettivamente perso, perché non chiedere a CEG (la società partecipata da AET, che si occupa di questo “tema”) di pubblicare i dati reali sul commercio nell’arco degli anni? Forse perché si scoprirebbe che anche qui invece di perdere si è guadagnato (come CEG ha già peraltro detto, ma ovviamente cantando “fuori dal coro” il suo canto è stato ignorato)?
e) Se fosse vero che l’AET di Rossi-Dell’Ambrogio si è “disinteressata” del Ticino e della Svizzera, perché non confrontare gli investimenti operati in patria dalla “nostra” gestione con quella precedente, come pure comparare le scelte operative in materia di recupero delle acque? Forse anche qui si scoprirebbe che la realtà è diversa da quanto strombazzato dai corifei dell’Ancien régime?
f ) Se si citano le perdite del gas in Albania, investimento approvato unanimemente dal Consiglio di Amministrazione e che figurava (con i relativi rischi) regolarmente nei rendiconti al Governo e al Parlamento, perché non si dice che queste perdite sono state completamente controbilanciate con altre operazioni (Accagen)?
g) Se si continua a citare il rapporto KPMG come oracolo, perché si tace sui giudizi taglienti che del suo operato ne hanno dato alcuni accademici? Perché si dimentica che la Camera dei ricorsi penali ha accettato la mia richiesta di risarcimento delle spese legali sostenute per ingiusta accusa? Forse perché si scoprirebbe che la realtà è meno manichea di quanto alcuni politici vorrebbero far apparire?
La signora Sadis vuole vedere le carte del non luogo a procedere? Bene, ma visto che ha fatto della trasparenza la sua virtù, dovrebbe aggiungere che tutte le parti in causa (cioè Paolo Rossi) si sono dichiarate d’accordo. Non si è dato spazio a questo fatto forse perché era come indicare all’opinione pubblica che io non ho nulla da nascondere. Triste destino quello dell’innocente che ha osato sfidare il potere cambiando la faccia dell’azienda di Stato. La condanna della “controriforma” è implacabile.
Paolo Rossi ex direttore Azienda elettrica ticinese